Lanciotto Ballerini

100° della nascita di Lanciotto Ballerini,

Lanciotto Ballerini,

 

Lanciotto Ballerini (M.O.V.M.)
“Comandante dal settembre 1943 la prima Formazione Garibaldina Toscana,, la guidò valorosamente per quattro mesi nelle sue molteplici azioni di guerra.
Con soli 17 uomini affrontava preponderanti forze nemiche e dopo aver inflitto fortissime perdite, sì da costringerle a ritirarsi su posizioni retrostanti, assaliva arditamente da solo, al lancio di bombe a mano, l’ultima postazione che ancora minacciava la sorte dei suoi uomini.
Cadeva, nel generoso slancio, colpito in fronte dal fuoco nemico. 3 gennaio 1944”.
(Motivazione Medaglia d’Oro)
Nasce a Campi Bisenzio il 15 agosto 1911 da Felice e Antigone. I Ballerini erano una famiglia numerosa, di sette figli. Il padre Felice si occupava dell’attività di macellazione e di commercio carni, specialmente di ovini, mestiere di tutta la famiglia. L’infanzia di Lanciotto é come quella di tanti suoi coetanei, vita di campagna, lavoro e scuola.
Da giovanissimo mostra eccellenti doti fisiche, alto e fortissimo si avvicina allo sport del pugilato (1927). Diventa campione nazionale dei pesi medi, categoria primi pugni, che lo porta a incontrarsi con grandi nomi del pugilato dell’epoca. Questa parentesi sportiva si chiude con la chiamata alle armi nel 1931.
Dopo pochi anni, nell’ottobre 1935, viene richiamato alle armi per la guerra in Etiopia, esperienza contrassegnata da atti di eroismo e generosità, ma anche da una scarsa tolleranza per i comandi e la disciplina militare.
Al suo ritorno a Campi Bisenzio, a Lanciotto viene subito offerta la tessera fascista, che rifiuta in nome delle proprie e della sua avversione alle gerarchie. Perde così ogni possibilità di lavoro e sicurezza per sé e per la sua famiglia.
I Ballerini vengono segnalati come antifascisti (il padre di Lanciotto, Felice, era amico di Gino Tagliaferri, esponente del partito comunista, infatti, dal 1942, numerosi furono i contatti tra i due) e in più c’era quella grande amicizia sospetta con il sovversivo Ferdinando “Nandino” Puzzoli (registrato come anarchico dalla Prefettura di Firenze).
Il 5 aprile 1937 Lanciotto sposa Carolina Cirri, una ragazza di San Giorgio che gli dà ben presto una figlia, Amapola. Nell’aprile del 1939 Mussolini occupa l’Albania e Lanciotto viene richiamato alle armi nel maggio 1939. Con la definitiva entrata in guerra dell’Italia nel 1940, Lanciotto viene chiamato a combattere sul fronte greco e jugoslavo (zona Montenegro), in questo periodo, tramite alcune testimonianze, pare che Lanciotto abbia avuto buoni rapporti con i partigiani jugoslavi, pur facendo parte dell’esercito invasore. Il fratello Vittorio, che era insieme a lui in Jugoslavia, così lo ricorda – La sera spesso si allontanava di nascosto dal campo della divisione, prendeva una bicicletta e andava ad avvertire i paesi e i villaggi che all’indomani sarebbe passato l’esercito italiano fascista e che avrebbero subìto un attacco indiscriminato -. Riesce così a salvare donne, bambini ed anziani.
Al momento dell’ 8 settembre 1943, all’età di 32 anni, Lanciotto è a Firenze, assegnato all’84° reggimento fanteria.
Mentre è ricoverato in ospedale, decide di tornare a casa. I vertici fiorentini del Partito comunista fiorentino, Gino Tagliaferri e Giuseppe Rossi, prendono contatti con il padre di Lanciotto e tengono, l’11 settembre, una riunione a Campi Bisenzio per organizzare la prima esperienza di guerra di Resistenza ai nazifascisti.
All’incontro clandestino prendono parte numerosi antifascisti locali, con lo scopo di creare prima di tutto un cordone di sicurezza intorno alla loro comunità. Lanciotto, insieme ad altri patrioti locali, entra in azione in quei primi giorni di ribellione, assaltando un carro armato guidato da camicie nere che transitava all’Osmannoro, presso la località detta “Casa Bianca”, dal quale preleva tutto ciò che poteva essere utile alla nuova formazione: i proiettili, le armi e la mitragliatrice “Breda” che porterà con sé prima a Monte Morello e poi a Valibona, teatro della battaglia in cui Lanciotto muore, il 3 gennaio 1944.
I familiari hanno il permesso di recuperare il corpo solo dopo cinque giorni, La salma del comandante partigiano viene portata a Campi Bisenzio, dove ad attenderlo c’è tutta la comunità locale.
“C’era il mondo – ricorda la moglie – Un’incredibile folla di persone commosse, con tanti fiori rossi, tanti i partigiani armati scesi dalle montagne”.
Il nome “Lanciotto” viene dato a una Brigata partigiana ricostituita sul Monte Giovi, 22* Brigata Garibaldi Lanciotto Ballerini, che in seguito partecipa alla Liberazione di Firenze.

(foto e testi a cura di A.N.P.I. Sezione Lanciotto Ballerini di Campi Bisenzio)

 

Lanciotto Ballerini Oggi 25 Aprile voglio dedicare un post a un valoroso partigiano toscano "Lanciotto Ballerini",devo ammettere che non ero documentato sulla sua storia,però dopo gli ultimi incontri con l'Anpi di Prato il comune di Carmignano e noi del comitato 11 Giugno di Poggio alla Malva( finalizzati all'organizzazione degli eventi per prossimo 11 giugno)il nome di Lanciotto è entrato spesso nelle nostre discussioni,sopratutto per il fatto che prossimamente uscirà il film sulla sua vita,e perciò ho cercato di documentarmi(grazie anche a Internet) e ricostruire la sua storia.... LANCIOTTO BALLERINI Nato a Campi Bisenzio il 15 agosto 1911 da Felice ed Antigone Paoli.I Ballerini sono una famiglia numerosa, sei fratelli (Bertino, Vittorio, Alfredo, Lanciotto, Romolo e Renzo) ed una sorella Gilda, la più piccola.Felice Ballerini padre, antifascista convinto, si occupa dell’attività di macellazione e di commercio carni, specialmente di ovini, ben presto diviene il mestiere di tutta la famiglia. L’infanzia di Lanciotto è come quella di tanti suoi coetanei, vita di campagna, lavoro e scuola. Da giovanissimo Lanciotto mostra eccellenti dote fisiche, la sua prestanza fisica lo porta a primeggiare tra i coetanei, ma è un giovane altruista “un forte che aiuta i deboli”, in molte occasioni locali si è distinto per aver preso le difese dei più deboli. Amante dello sport e sprezzante del pericolo, gli piace gareggiare con gli amici ed essendo un giovane di grande resistenza riesce a primeggiare nelle sfide di ciclismo e di nuoto è alto e fortissimo. In paese un giorno successe una disgrazia, un uomo affogo nel Fiume Bisenzio, dopo averlo cercato inutilmente con le squadre dei soccorsi, mandarono chiamare Lanciotto che era un esperto del fiume perché abituato ad andarci a pescare con le mani e conosceva tutti i punti del fiume, abile nuotatore resisteva circa 3 minuti sotto l’acqua, recuperò la salma dello sfortunato e lo consegnò ai familiari.Gli amici e Ferdinando Puzzoli lo convincono ad avvicinarsi allo sport del pugilato (lui era contrario lo considerava uno sport violento) Ferdinando cominciò ad allenarlo nei primi momenti di iniziazione. Lanciotto si segnala quasi da subito come uno dei migliori allievi. Inizia così una ricca parentesi sportiva (a 19 anni vinse il torneo “Primi Pugni”), che lo vede incontrarsi con grandi nomi del pugilato dell’epoca ma, questa bella parentesi sportiva si chiude con la chiamata alle armi nel 1931, dove presta il servizio militare in Emilia. Dopo aver finito il militare ritorna a casa e dopo pochi anni viene richiamato alle armi, per una guerra vera, quella in Etiopia. La vita di militare in Etiopia per Lanciotto è contrassegnata da atti di eroismo e punizioni, il suo carattere generoso ed altruista è anche poco disponibile a tollerare i comandi e la disciplina militare. Un atto di valore gli valse la proposta di promozione a sergente e vale la pena di raccontarlo: – c’erano tre soldati italiani a lavarsi in un fiume, fra loro un campigiano, un certo Rossi di S. Cresci. Poco più in là Lanciotto, la cui attenzione venne richiamata dalla cantilena di guerra africana; Lanciotto impugnò subito il fucile ed ecco infatti che dal cespuglio balzo fuori un africano armato di scimitarra per aggredire i soldati al fiume. Lanciotto sparò subito, salvando la vita ai compagni fra cui vi era anche un ufficiale. La sua promozione a sergente però non ebbe seguito perché, dopo poco viene punito per aver diviso il pane con compagni di grado inferiore, cosa mal tollerata dalle gerarchie militari del campo. Quando Lanciotto rientra a Campi dopo la guerra viene accolto dai fascisti come un eroe e gli viene subito offerta la tessera fascista, ma Lanciotto per le sue idee di libertà, di uguaglianza, di democrazia e la sua avversione alle gerarchie, la rifiuta, perdendo così la possibilità di trovare lavoro e sicurezza per sé e per la sua famiglia.I Ballerini sono segnalati come antifascisti e in più c’è quella grande amicizia sospetta con il sovversivo Nandino (Ferdinando Puzzoli).Il 5 aprile 1937 Lanciotto sposa Carolina Cirri, una ragazza di S. Giorgio che gli darà ben presto una figlia, Amapola. Nell’ aprile del 1939 Mussolini decide di occupare l’Albania. Nel maggio 1939 con la definitiva entrata in guerra dell’Italia, Lanciotto è chiamato a combattere in Grecia ed in Iugoslavia, in questo periodo tramite alcune testimonianze, pare che Lanciotto abbia avuto buoni rapporti con i partigiani iugoslavi, pur facendo parte dell’ esercito invasore, la sua scelta di campo è maturata.Una testimonianza, quella del fratello Vittorio che era insieme a Lanciotto in Iugoslavia, il quale parlando con i figli ha raccontato il vissuto della guerra:“Lanciotto, quando era in Iugoslavia, la sera spesso si allontanava di nascosto dal campo della divisione, prendeva una bicicletta e andava ad avvertire i paesi e i villaggi, tra cui un paese chiamato Baron che all’indomani sarebbe passato l’esercito italiano fascista e che avrebbero subito un attacco indiscriminato”. Riuscì a dare la possibilità di sopravvivere a centinaia di donne, bambini ed anziani che trovarono rifugio in altri luoghi. Vittorio gli diceva: – Lanciotto hai famiglia, se ti scoprono ti uccidono. “Non posso vedere uccidere persone innocenti” – rispondeva Lanciotto: – “Pensa ai nostri familiari, se si trovassero loro, nelle stesse situazioni…” .Tanto Lanciotto era conosciuto dai partigiani di Tito della zona, che Vittorio ebbe salva la vita, – racconta che si era allontanato dal reparto per avvicinarsi ad un torrente (gli piaceva tanto pescare) ma da una boscaglia uscirono i partigiani. – Sono morto! Pensò. – …. Ma uno di loro riconobbe la somiglianza con Lanciotto e grido in slavo: – “Fratello, fratello”. Lo riconobbero come fratello di Lanciotto, quello che aveva salvato con le sue informazioni tanti loro familiari. Lanciotto aveva maturato da tempo la sua scelta di campo, quella di rifiutare la guerra e di combattere chi la propaga. Rimpatriato nel giugno 1943 Lanciotto è a Firenze assegnato all’84° reggimento fanteria, viene poi ricoverato, all’Ospedale militare di San Gallo per dolori reumatici che lo rendevano leggermente claudicante. Da una testimonianza del Patriota Paoli Spartaco incontriamo Lanciotto alla data del 27 luglio mandato a chiamare dai cittadini di San Donnino. TESTIMONIANZA DI PAOLI SPARTACO(rilasciata all'Anpi) Il 25 luglio 1943 che giornata è stata? Qui a Campi il 25 luglio era una domenica, mi ricordo che un bisbiglio mi arrivo e mi dette la stupenda notizia, io non seppi trattenermi ed esultai dalla gioia, mi dissero di essere cauto e di aspettare. Durante tutta la notte un solo pensiero fremeva la mia mente, una gioia e un eccitazione unica, la fine del fascismo…finalmente.La mattina seguente (il 26 luglio) alle 5 ero già sveglio non stavo nella pelle, poi la mattinata del 26 luglio verso le 9,00 una folla spontanea ed esultante festeggio la notizia con l’assalto della casa del fascio, buttammo tutto i mobili e gli stemmi fuori dalla finastra dai balconi giù per strada, carte etc, tutto quello che si trovava, prendemmo a schiaffi alcuni di loro che andarono poi a rifugiarsi in Chiesa dal Don Santoni e solo l’intervento dei capi dell’ organizzazione clandestina evito il peggio, la folla era molto arrabbiata, e non faceva più distinzione tra quelli che erano i violenti e quelli che invece avevano servito il fascismo per vari motivi.Mi ricordo che il giorno dopo il 27 andammo a S. Piero a Ponti ed a S. Donnino ad assaltare le varie case del fascio, a S. Donnino confermo che il maresciallo di San Piero a Ponti ci punto la pistola addosso e Lanciotto che era con noi disse: – Un tunn’hai il cuore di sparare e gliela tolse, e gli disse di andare via a pensare alla sua famiglia, che unn’era il caso di prendere le difese dei fascisti. Il maresciallo si allontano, prendemmo le case del fascio e le devastammo. Purtroppo non fummo molto furbi, non pensavamo che poi sarebbe successo ciò che e successo, dovevamo distruggere tutti i dati anagrafici della popolazione, così avremmo evitato le chiamate alle armi e le minacce di morte. A riguardo degli eventi del 26 luglio 1943 c’è anche la testimonianza di Enzo Puzzoli, rilasciata all’ANPI locale: “L’entusiasmo della popolazione locale per la notizia si manifestò con grande euforia. Una trentina di fascisti locali andarono a nascondersi nella Pieve di S. Stefano e chiesero la protezione al pievano don Santoni. La folla era inferocita per le persecuzioni subite, per i lutti a causa del regime e della guerra, sembrava non arrestarsi neppure di fronte al pievano. I patrioti antifascisti si accorsero che la follia aveva preso il sopravvento. Mandarono a chiamare Ferdinando Puzzoli e Marino Cecchi i quali si posero davanti al portone della Pieve. Nandino parlò ai suoi concittadini e disse: – Volete fare come hanno fatto fino ad ora loro, i fascisti? Allora entrate, se volete diventare come loro. Oppure avete una coscienza, un’anima, un ideale per sperare, per cambiare, per migliorare? Se è così tornate a casa.Lanciotto è gia inserito nel movimento clandestino antifascista e alla notizia dell’Armistizio l’8 Settembre tornò definitivamente a casa.In quei giorni frenetici, bisogna organizzarsi, darsi da fare. I Ballerini,i Puzzoli, i Conti, Verniani, Querci, Bacci, Paoli, Roti, Sernissi, Palloni, Papi, Bernardi, Frati, Borracchini , Casini, Calieri, Passerini, Bacarelli, Rastrelli, Pancani, Rossi, Panerai, Rugi e altri antifascisti locali mettono in atto in clandestinità, un cordone di sicurezza intorno alla loro comunità.Lanciotto insieme con altri patrioti locali, entrano in azione in quei primi giorni di ribellione, assaltando un carro armato guidato da “camicie nere” che transitava nell’Osmannoro, presso la località detta “Casa Bianca” (nucleo di case vicino alla motorizzazione). Dopo aver fatto correre a gambe levate i carristi disarmandoli, resero inutilizzabile il carro prelevando tutto ciò che poteva essere utile, i proiettili, le armi e la mitragliatrice che era sopra al carro. Così Lanciotto si procurò la prima mitragliatrice che portò con sé in montagna. La sera del 15 settembre 1943 dalla casa colonica del mezzadro antifascista Serafino Colzi a Tomerello il gruppo partigiano locale, comandato da Lanciotto, risalendo l’alveo del Torrente Marina raggiunge Monte Morello. A.N.P.I. “Lanciotto Ballerini” Campi Bisenzio Quindi come ci racconta Enzo questo gruppo di partigiani guidato da Lanciotto Ballerini e Ferdinando Puzzoli parte il 15 settembre per Monte Morello, forse il primo gruppo di partigiani dell'intera Toscana che in maniera organizzata si sposta sui monti.Nei mesi a seguire l'azione è incentrata sul vettovagliamento e sulla costituzione di una sufficiente dotazione di armi ed equipaggiamento.Numerose volte Lanciotto torna a Campi Bisenzio per prelevare quello che amici e compagni erano riusciti a mettere da parte.Quando passa per le vie del paese i fascisti fingono di non vederlo per non doversi misurare con lui e perché è evidente da che parte sta la popolazione.Gli ultimi giorni del 1943 Lanciotto si sposta con la sua banda da Monte Morello verso i monti del pistoiese, ma sulla Calvana il 3 gennaio 1944 cade da eroe nella battaglia di Valibona.La formazione partigiana (vi si erano aggregati due soldati russi,due soldati jugoslavi e un capitano inglese fuggiti dalla prigionia), era da pochi giorni accantonata in località Case di Valibona quando, da Prato, Vaiano e Calenzano mossero le formazioni della guardia repubblichina, del battaglione Muti, di carabinieri e fascisti dei comuni limitrofi. I partigiani furono attaccati al crepuscolo. La sorpresa degli uomini di Lanciotto, che non aveva disposto sentinelle, sarebbe stata completa, se uno dei militari russi non si fosse per caso svegliato all'alba e non fosse uscito dal casolare nel quale riposavano i partigiani. il Russo visti i fascisti a pochi metri dalla base, svegliò Lanciotto.Il comandante, prontamente,dette l'ordine al sardo Ventroni di sparare con il fucile mitragliatore "Breda" salì sul tetto del casolare con un mitragliatore e cominciò a sparare, costringendo i fascisti ad arretrare; poi, vistosi accerchiato, decise il tutto per tutto, per consentire, almeno ad una parte dei suoi uomini, di sganciarsi. Ballerini, mentre gli altri partigiani sparavano con tutte le armi a disposizione, attaccò a colpi di bombe a mano due nidi di mitragliatrici, neutralizzandoli. Al terzo assalto cadde, colpito in fronte.I fascisti catturarono Vladimiro Andrey, tenente dei genieri dell'Armata rossa che aveva un piede ferito,e lo finirono barbaramente. Il partigiano sardo Ventroni, addetto alla mitragliatrice "Breda", fu bruciato vivo con il lanciafiamme.In quello scontro, che è valso a Ballerini la massima ricompensa al valore, i fascisti della Muti e i repubblichini ebbero cinque morti, tra cui il comandante del presidio di Prato, e un alto numero di feriti.A Campi Bisenzio c'è ancora chi ricorda il suo funerale: quasi tutta la gente del paese scesa in strada, il carro funebre seguito da un centinaio di partigiani inquadrati e armati,calati dalla montagna - nonostante i nazifascisti fossero ancora lontani dall'essere sconfitti per rendere onore al comandante della prima formazione garibaldina costituitasi in Toscana dopo l'armistizio. Da quel che era rimasto di quella banda partigiana - poco più di una dozzina di uomini che avevano combattuto per quattro mesi, fornendo più prova d'audacia che di organizzazione, così come era nel carattere di Lanciotto, ma che avevano inflitto gravi danni al nemico con improvvisi assalti e colpi di mano - sarebbe nata la brigata "Ballerini", che avrebbe operato sin dopo la liberazione di Firenze.Lanciotto Ballerini e due dei suoi uomini (altri tre rimasero feriti e altri tre ancora risultarono dispersi), caddero la mattina del 3 gennaio del 1944.

LANCIOTTO BALLERINI Nato a Campi Bisenzio il 15 agosto 1911 da Felice ed Antigone Paoli.I Ballerini sono una famiglia numerosa, sei fratelli (Bertino, Vittorio, Alfredo, Lanciotto, Romolo e Renzo) ed una sorella Gilda, la più piccola.Felice Ballerini padre, antifascista convinto, si occupa dell’attività di macellazione e di commercio carni, specialmente di ovini, ben presto diviene il mestiere di tutta la famiglia. L’infanzia di Lanciotto è come quella di tanti suoi coetanei, vita di campagna, lavoro e scuola. Da giovanissimo Lanciotto mostra eccellenti dote fisiche, la sua prestanza fisica lo porta a primeggiare tra i coetanei, ma è un giovane altruista “un forte che aiuta i deboli”, in molte occasioni locali si è distinto per aver preso le difese dei più deboli. Amante dello sport e sprezzante del pericolo, gli piace gareggiare con gli amici ed essendo un giovane di grande resistenza riesce a primeggiare nelle sfide di ciclismo e di nuoto è alto e fortissimo. In paese un giorno successe una disgrazia, un uomo affogo nel Fiume Bisenzio, dopo averlo cercato inutilmente con le squadre dei soccorsi, mandarono chiamare Lanciotto che era un esperto del fiume perché abituato ad andarci a pescare con le mani e conosceva tutti i punti del fiume, abile nuotatore resisteva circa 3 minuti sotto l’acqua, recuperò la salma dello sfortunato e lo consegnò ai familiari.Gli amici e Ferdinando Puzzoli lo convincono ad avvicinarsi allo sport del pugilato (lui era contrario lo considerava uno sport violento) Ferdinando cominciò ad allenarlo nei primi momenti di iniziazione. Lanciotto si segnala quasi da subito come uno dei migliori allievi. Inizia così una ricca parentesi sportiva (a 19 anni vinse il torneo “Primi Pugni”), che lo vede incontrarsi con grandi nomi del pugilato dell’epoca ma, questa bella parentesi sportiva si chiude con la chiamata alle armi nel 1931, dove presta il servizio militare in Emilia.
Dopo aver finito il militare ritorna a casa e dopo pochi anni viene richiamato alle armi, per una guerra vera, quella in Etiopia. La vita di militare in Etiopia per Lanciotto è contrassegnata da atti di eroismo e punizioni, il suo carattere generoso ed altruista è anche poco disponibile a tollerare i comandi e la disciplina militare. Un atto di valore gli valse la proposta di promozione a sergente e vale la pena di raccontarlo: – c’erano tre soldati italiani a lavarsi in un fiume, fra loro un campigiano, un certo Rossi di S. Cresci. Poco più in là Lanciotto, la cui attenzione venne richiamata dalla cantilena di guerra africana; Lanciotto impugnò subito il fucile ed ecco infatti che dal cespuglio balzo fuori un africano armato di scimitarra per aggredire i soldati al fiume. Lanciotto sparò subito, salvando la vita ai compagni fra cui vi era anche un ufficiale. La sua promozione a sergente però non ebbe seguito perché, dopo poco viene punito per aver diviso il pane con compagni di grado inferiore, cosa mal tollerata dalle gerarchie militari del campo.
Quando Lanciotto rientra a Campi dopo la guerra viene accolto dai fascisti come un eroe e gli viene subito offerta la tessera fascista, ma Lanciotto per le sue idee di libertà, di uguaglianza, di democrazia e la sua avversione alle gerarchie, la rifiuta, perdendo così la possibilità di trovare lavoro e sicurezza per sé e per la sua famiglia.I Ballerini sono segnalati come antifascisti e in più c’è quella grande amicizia sospetta con il sovversivo Nandino (Ferdinando Puzzoli).Il 5 aprile 1937 Lanciotto sposa Carolina Cirri, una ragazza di S. Giorgio che gli darà ben presto una figlia, Amapola. Nell’ aprile del 1939 Mussolini decide di occupare l’Albania. Nel maggio 1939 con la definitiva entrata in guerra dell’Italia, Lanciotto è chiamato a combattere in Grecia ed in Iugoslavia, in questo periodo tramite alcune testimonianze, pare che Lanciotto abbia avuto buoni rapporti con i partigiani iugoslavi, pur facendo parte dell’ esercito invasore, la sua scelta di campo è maturata.Una testimonianza, quella del fratello Vittorio che era insieme a Lanciotto in Iugoslavia, il quale parlando con i figli ha raccontato il vissuto della guerra:“Lanciotto, quando era in Iugoslavia, la sera spesso si allontanava di nascosto dal campo della divisione, prendeva una bicicletta e andava ad avvertire i paesi e i villaggi, tra cui un paese chiamato Baron che all’indomani sarebbe passato l’esercito italiano fascista e che avrebbero subito un attacco indiscriminato”. Riuscì a dare la possibilità di sopravvivere a centinaia di donne, bambini ed anziani che trovarono rifugio in altri luoghi. Vittorio gli diceva: – Lanciotto hai famiglia, se ti scoprono ti uccidono. “Non posso vedere uccidere persone innocenti” – rispondeva Lanciotto: – “Pensa ai nostri familiari, se si trovassero loro, nelle stesse situazioni…” .Tanto Lanciotto era conosciuto dai partigiani di Tito della zona, che Vittorio ebbe salva la vita, – racconta che si era allontanato dal reparto per avvicinarsi ad un torrente (gli piaceva tanto pescare) ma da una boscaglia uscirono i partigiani. – Sono morto! Pensò. – …. Ma uno di loro riconobbe la somiglianza con Lanciotto e grido in slavo: – “Fratello, fratello”. Lo riconobbero come fratello di Lanciotto, quello che aveva salvato con le sue informazioni tanti loro familiari. Lanciotto aveva maturato da tempo la sua scelta di campo, quella di rifiutare la guerra e di combattere chi la propaga. Rimpatriato nel giugno 1943 Lanciotto è a Firenze assegnato all’84° reggimento fanteria, viene poi ricoverato, all’Ospedale militare di San Gallo per dolori reumatici che lo rendevano leggermente claudicante.
Da una testimonianza del Patriota Paoli Spartaco incontriamo Lanciotto alla data del 27 luglio mandato a chiamare dai cittadini di San Donnino.
TESTIMONIANZA DI PAOLI SPARTACO(rilasciata all’Anpi)
Il 25 luglio 1943 che giornata è stata?
Qui a Campi il 25 luglio era una domenica, mi ricordo che un bisbiglio mi arrivo e mi dette la stupenda notizia, io non seppi trattenermi ed esultai dalla gioia, mi dissero di essere cauto e di aspettare. Durante tutta la notte un solo pensiero fremeva la mia mente, una gioia e un eccitazione unica, la fine del fascismo…finalmente.La mattina seguente (il 26 luglio) alle 5 ero già sveglio non stavo nella pelle, poi la mattinata del 26 luglio verso le 9,00 una folla spontanea ed esultante festeggio la notizia con l’assalto della casa del fascio, buttammo tutto i mobili e gli stemmi fuori dalla finastra dai balconi giù per strada, carte etc, tutto quello che si trovava, prendemmo a schiaffi alcuni di loro che andarono poi a rifugiarsi in Chiesa dal Don Santoni e solo l’intervento dei capi dell’ organizzazione clandestina evito il peggio, la folla era molto arrabbiata, e non faceva più distinzione tra quelli che erano i violenti e quelli che invece avevano servito il fascismo per vari motivi.Mi ricordo che il giorno dopo il 27 andammo a S. Piero a Ponti ed a S. Donnino ad assaltare le varie case del fascio, a S. Donnino confermo che il maresciallo di San Piero a Ponti ci punto la pistola addosso e Lanciotto che era con noi disse: – Un tunn’hai il cuore di sparare e gliela tolse, e gli disse di andare via a pensare alla sua famiglia, che unn’era il caso di prendere le difese dei fascisti. Il maresciallo si allontano, prendemmo le case del fascio e le devastammo. Purtroppo non fummo molto furbi, non pensavamo che poi sarebbe successo ciò che e successo, dovevamo distruggere tutti i dati anagrafici della popolazione, così avremmo evitato le chiamate alle armi e le minacce di morte.
A riguardo degli eventi del 26 luglio 1943 c’è anche la testimonianza di Enzo Puzzoli, rilasciata all’ANPI locale:
“L’entusiasmo della popolazione locale per la notizia si manifestò con grande euforia. Una trentina di fascisti locali andarono a nascondersi nella Pieve di S. Stefano e chiesero la protezione al pievano don Santoni. La folla era inferocita per le persecuzioni subite, per i lutti a causa del regime e della guerra, sembrava non arrestarsi neppure di fronte al pievano. I patrioti antifascisti si accorsero che la follia aveva preso il sopravvento. Mandarono a chiamare Ferdinando Puzzoli e Marino Cecchi i quali si posero davanti al portone della Pieve. Nandino parlò ai suoi concittadini e disse: – Volete fare come hanno fatto fino ad ora loro, i fascisti? Allora entrate, se volete diventare come loro. Oppure avete una coscienza, un’anima, un ideale per sperare, per cambiare, per migliorare? Se è così tornate a casa.Lanciotto è gia inserito nel movimento clandestino antifascista e alla notizia dell’Armistizio l’8 Settembre tornò definitivamente a casa.In quei giorni frenetici, bisogna organizzarsi, darsi da fare. I Ballerini,i Puzzoli, i Conti, Verniani, Querci, Bacci, Paoli, Roti, Sernissi, Palloni, Papi, Bernardi, Frati, Borracchini , Casini, Calieri, Passerini, Bacarelli, Rastrelli, Pancani, Rossi, Panerai, Rugi e altri antifascisti locali mettono in atto in clandestinità, un cordone di sicurezza intorno alla loro comunità.Lanciotto insieme con altri patrioti locali, entrano in azione in quei primi giorni di ribellione, assaltando un carro armato guidato da “camicie nere” che transitava nell’Osmannoro, presso la località detta “Casa Bianca” (nucleo di case vicino alla motorizzazione). Dopo aver fatto correre a gambe levate i carristi disarmandoli, resero inutilizzabile il carro prelevando tutto ciò che poteva essere utile, i proiettili, le armi e la mitragliatrice che era sopra al carro. Così Lanciotto si procurò la prima mitragliatrice che portò con sé in montagna. La sera del 15 settembre 1943 dalla casa colonica del mezzadro antifascista Serafino Colzi a Tomerello il gruppo partigiano locale, comandato da Lanciotto, risalendo l’alveo del Torrente Marina raggiunge Monte Morello.
A.N.P.I. “Lanciotto Ballerini” Campi Bisenzio
Quindi come ci racconta Enzo questo gruppo di partigiani guidato da Lanciotto Ballerini e Ferdinando Puzzoli parte il 15 settembre per Monte Morello, forse il primo gruppo di partigiani dell’intera Toscana che in maniera organizzata si sposta sui monti.Nei mesi a seguire l’azione è incentrata sul vettovagliamento e sulla costituzione di una sufficiente dotazione di armi ed equipaggiamento.Numerose volte Lanciotto torna a Campi Bisenzio per prelevare quello che amici e compagni erano riusciti a mettere da parte.Quando passa per le vie del paese i fascisti fingono di non vederlo per non doversi misurare con lui e perché è evidente da che parte sta la popolazione.Gli ultimi giorni del 1943 Lanciotto si sposta con la sua banda da Monte Morello verso i monti del pistoiese, ma sulla Calvana il 3 gennaio 1944 cade da eroe nella battaglia di Valibona.La formazione partigiana (vi si erano aggregati due soldati russi,due soldati jugoslavi e un capitano inglese fuggiti dalla prigionia), era da pochi giorni accantonata in località Case di Valibona quando, da Prato, Vaiano e Calenzano mossero le formazioni della guardia repubblichina, del battaglione Muti, di carabinieri e fascisti dei comuni limitrofi. I partigiani furono attaccati al crepuscolo.
La sorpresa degli uomini di Lanciotto, che non aveva disposto sentinelle, sarebbe stata completa, se uno dei militari russi non si fosse per caso svegliato all’alba e non fosse uscito dal casolare nel quale riposavano i partigiani. il Russo visti i fascisti a pochi metri dalla base, svegliò Lanciotto.Il comandante, prontamente,dette l’ordine al sardo Ventroni di sparare con il fucile mitragliatore “Breda” salì sul tetto del casolare con un mitragliatore e cominciò a sparare, costringendo i fascisti ad arretrare; poi, vistosi accerchiato, decise il tutto per tutto, per consentire, almeno ad una parte dei suoi uomini, di sganciarsi. Ballerini, mentre gli altri partigiani sparavano con tutte le armi a disposizione, attaccò a colpi di bombe a mano due nidi di mitragliatrici, neutralizzandoli. Al terzo assalto cadde, colpito in fronte.I fascisti catturarono Vladimiro Andrey, tenente dei genieri dell’Armata rossa che aveva un piede ferito,e lo finirono barbaramente. Il partigiano sardo Ventroni, addetto alla mitragliatrice “Breda”, fu bruciato vivo con il lanciafiamme.In quello scontro, che è valso a Ballerini la massima ricompensa al valore, i fascisti della Muti e i repubblichini ebbero cinque morti, tra cui il comandante del presidio di Prato, e un alto numero di feriti.A Campi Bisenzio c’è ancora chi ricorda il suo funerale: quasi tutta la gente del paese scesa in strada, il carro funebre seguito da un centinaio di partigiani inquadrati e armati,calati dalla montagna – nonostante i nazifascisti fossero ancora lontani dall’essere sconfitti per rendere onore al comandante della prima formazione garibaldina costituitasi in Toscana dopo l’armistizio. Da quel che era rimasto di quella banda partigiana – poco più di una dozzina di uomini che avevano combattuto per quattro mesi, fornendo più prova d’audacia che di organizzazione, così come era nel carattere di Lanciotto, ma che avevano inflitto gravi danni al nemico con improvvisi assalti e colpi di mano – sarebbe nata la brigata “Ballerini”, che avrebbe operato sin dopo la liberazione di Firenze.Lanciotto Ballerini e due dei suoi uomini (altri tre rimasero feriti e altri tre ancora risultarono dispersi), caddero la mattina del 3 gennaio del 1944. (Testi, foto, testimonianze A.N.P.I. Sezione Lanciotto Ballerini)

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